La Via degli Abati è un itinerario altomedievale, dal 600 al 1000, che gli abati e religiosi del monastero di San Colombano di Bobbio in Val Trebbia (PC) percorrevano per raggiungere Roma. La via percorre la media val Trebbia, l’alta val Nure, passa nella valle del Ceno e attraversa la val di Taro per scendere nella valle del Magra per un totale di 125 km.


Nell’autunno del 614 Colombano, monaco irlandese, fondò a Bobbio il primo nucleo della futura abbazia di San Colombano. Già nel 862 i monaci di Bobbio gestivano a Piacenza un ospedale dedicato in prevalenza ad accogliere i pellegrini, soprattutto irlandesi, che si recavano a Bobbio a visitare la tomba di San Colombano. La Via degli Abati rappresentò un cammino di pellegrinaggio verso Roma e verso Bobbio e da qui a Pavia sede della corte longobarda. La Via degli Abati, utilizzata già dai sovrani longobardi prima della conquista della Cisa, controllata dai bizantini, toccava anche l’abbazia di Bobbio, nel cuore dell’Appennino, dove i pellegrini diretti a Roma e provenienti dalla Francia e dalle Isole Britanniche passavano a venerare le spoglie di San Colombano.


Tra i numerosi percorsi di pellegrinaggio, la Via degli Abati è lo storico itinerario che attraversa le province di Piacenza di Parma, muovendo dalla Lombardia e approdando in Toscana a Pontremoli, dove il percorso si ricongiunge con la Via Francigena, in direzione di Luca e Roma. Si tratta di un cammino che assicurò il necessario collegamento tra la capitale longobarda, Pavia e la Tuscia, in particolare Lucca capoluogo dell’attivo Ducato, anticipando di tre secoli l’avvento della Via Francigena, durante il periodo in cui il passo della Cisa era rimasto impraticabile per i longobardi essendo saldamente controllato dei bizantini. Fu un percorso utilizzato per esigenze civili e militari, ma anche dai monaci e dagli abati di Bobbio nei loro frequenti spostamenti in direzione di Pavia e di Roma per necessari contatti con la corte regia e la curia papale la cui abazia direttamente dipendeva.

Come è noto, il percorso della via Francigena che oggi conosciamo è quello descritto nel suo diario di viaggio dall’Arcivescovo Sigerico, nel ritorno da Roma verso Canterbury tra il 990 e il 994. Giunto a Pontremoli e dovendo attraversare l’Appennino, Sigerico scelse la via del passo della Cisa (Monte Bardone), che consentiva di raggiungere, disegnando un ampio arco, le città della pianura (Fidenza, Piacenza, Pavia). Esisteva tuttavia anche un altro percorso, più antico, la Via degli Abati, che passava attraverso i monti ed era utilizzato già dal VII secolo soprattutto da chi viaggiava a piedi, quale tragitto più breve da Pavia a Lucca e verso Roma.

L’antico itinerario da Pavia a Lucca è stato riscoperto verso la fine degli anni novanta del Novecento da Giovanni Magistretti, autore di diverse relazioni sulla Via e membro dell’associazione Amici di San Colombano di Bobbio, membro e propugnatore assieme all’Associazione Jubilantes di Como della Rete dei Cammini francigeni. Nel maggio del 2011 si ha la prima pubblicazione del percorso da Bobbio a Pontremoli in una autoguida generale. Successivamente anche il percorso da Pontremoli a Lucca, più noto come Via del Volto Santo.
Nel 2012 Magistretti, con l’apporto di Mario Pampanin, presidente degli amici di San Colombano di Bobbio e dell’opera di ricerca di mons. Domenico Ponzini, ha ricostruito anche il percorso da Pavia a Bobbio. Prendendo spunto dall’accenno di Paolo Diacono, che, nella sua Historia Langobardorum, asserisce che Colombano “edificò nelle Alpi Cozie il monastero che è chiamato Bobbio, distante quaranta miglia dalla città di Pavia”, e da un opuscolo agiografico di autore anonimo sui Miracula sancti Columbani, che parla di una traslazione delle reliquie del santo abate, i promotori del progetto hanno tracciato un percorso, tenendo anche conto dei resti longobardi o relativi al Monastero di Bobbio del territorio.

Il tracciato viene indicato nelle tavole e sul terreno con la sigla VA e i segnali del CAI. La Via degli Abati è riconosciuta come Cammino nell’Atlante dei Cammini del Mibact.

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